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Dopo svariate crisi e una pandemia, oggi il mondo del business -distribuzione inclusa- sta prendendo coscienza di quanto l’esperienza dei dipendenti sia tanto importante quanto quella dei clienti. Il perché è intuitivo, ma si porta con sé implicazioni su cui spesso non ci si ferma a riflettere o di cui si sottovalutano gli impatti qualitativi e quantitativi. Una employee experience insoddisfacente non ha come unica estrema conseguenza l’abbandono del posto di lavoro da parte del collaboratore, come dimostrato nel nostro paese dal fenomeno della Great Resignation, ma anche il disimpegno che porta il lavoratore ad eseguire le attività assegnate svolgendo il minimo necessario (fenomeno del Quiet Quitting) o a manifestare il proprio malumore anche agli interlocutori esterni. Ancora, le aspettative dei Millennials e soprattutto della Gen Z sono un ulteriore elemento di cui le insegne devono tenere conto quando si parla dell’interazione binomia tra dipendente e organizzazione aziendale, lungo tutto il journey dall’onboarding all’uscita. Ciò vale in generale, ma ancora di più per le imprese del commercio, vista l’età media degli assunti.
Il fattore di attrazione verso un luogo o un’attività, definito anche pull factor, è un fattore determinante per un’azienda affinché i propri dipendenti scelgano volontariamente di contribuire con il proprio lavoro e con il loro grado di engagement al successo dell’impresa. Ciò vale a maggior ragione per un settore come il retail che, essendo il front end con il consumatore finale, rischia spesso di focalizzare sforzi e attenzioni solo lato customer, dimenticandosi– e di fatto auto-sabotandosi più o meno consciamente – dei suoi dipendenti. Per le insegne, l’adozione di un approccio strutturato e globale di Employee Experience Management è quanto mai centrale, anzi strategico alla luce delle grandi sfide che oggi questo settore si trova ad affrontare per conquistare e mantenere la preferenza dei clienti e confermare la rilevanza dei propri punti vendita fisici. Un approccio che deve partire dall’ascolto della voce dei dipendenti e snodarsi con il coinvolgimento in tutto il loro journey.
Il modo in cui i dipendenti percepiscono l’insegna dove lavorano ha un impatto sull'esperienza dei clienti, condizionando l’engagement, la soddisfazione e la conversione degli acquisti e quindi il fatturato, oltre alla fedeltà della client base e la predisposizione a referral positivi. Due studi di Medallia -azienda global leader nelle soluzioni tecnologiche per la gestione dell’experience- hanno confermato da una parte la correlazione tra l’eNPS (quanto è probabile che un dipendente raccomandi la propria azienda) e il punteggio NPS di quelle aziende (quanto è probabile che un cliente raccomandi il brand), ma anche l’impatto che L’EX ha sul business. Dall’altra, l’analisi della correlazione tra le valutazioni dei dipendenti di 100 insegne sulla loro EX e la spesa totale dei loro clienti, conferma che i team di prima linea motivati sono quelli che assicurano maggiori entrate.
Molti retailer si trovano di fronte alla difficoltà di reclutare personale e di sviluppare con successo i loro programmi a causa della crisi di upskilling, dinamica amplificata dalla pandemia, ma anche dalla scarsa attenzione che alcune organizzazioni pongono alla soddisfazione dei propri dipendenti, a cominciare dagli addetti di punto vendita. I dipendenti di prima linea coinvolti nelle survey di Medallia hanno elencato infatti fra le motivazioni principali di attrito con l’azienda, oltre al rapporto difficile con il superiore (44%) e l’inadeguatezza della retribuzione (34%), la mancanza di formazione e valutazioni sul loro operato (63%) e il fatto di non sentirsi valorizzati (48%). Al contrario, implementare un programma di EXM permette di aiutare le insegne a essere un luogo di lavoro ideale e ad essere percepito come tale anche all’esterno, garantendosi così la possibilità di attrarre i migliori talenti e di mantenere quelli già in forza.
Va inoltre considerato che uno dei fattori chiave non solo per conquistare nuovi clienti, ma anche per mantenerli, è quello di riuscire a creare connessioni emotive tra clienti e il marchio. Un risultato fortemente condizionato nel retail dalle interazioni che i consumatori hanno con i dipendenti in-store e raggiungibile quando questi ultimi provano lo stesso livello di connessione emotiva con l’insegna per cui lavorano. Sfortunatamente, un’altra survey di Medallia sui 14 principali rivenditori globali, ha evidenziato che la soddisfazione interna complessiva dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro dopo i primi sei mesi di impiego, diminuisce di ben 44 punti. Alla luce di ciò è facile presupporre che molti di essi si dimetteranno e probabilmente continueranno a farlo finché non troveranno un’azienda da cui si sentiranno ascoltati e considerati.
C’è un ulteriore vantaggio per i retailer nello sviluppare un programma di EXM: dipendenti contenti e motivati creano interazioni migliori con i clienti: è una condizione centrale per offrire customer experience appaganti e distintive. In altre parole, esiste un innegabile ciclo virtuoso tra clienti felici e dipendenti felici soprattutto quando pensiamo agli staff dei punti vendita, ma non solo perché l’engagement di tutti i reparti che si relazionano direttamente o indirettamente con il consumatore finale è fondamentale per la soddisfazione del cliente, ma anche perché il feedback dei dipendenti è fondamentale per l’engagement. Ecco che quindi la comprensione completa di come le esperienze dei clienti e dei dipendenti si intersecano richiede di stabilire una standardizzazione nella raccolta di entrambi i segnali. Per esempio, si potrà verificare come viene percepito un determinato programma di formazione oppure una nuova procedura per poi incrociare il loro livello di soddisfazione con le metriche di CX. Non va sottovalutato che vedere sia i dati dei dipendenti sia quelli dei clienti aiuta i retailer a:
Tutto quanto sopra esposto evidenzia il ruolo strategico di una strategia di Employee Experience Management, ma anche quanto essa deve prevedere l’ascolto continuo della voce del dipendenti in tutte le fasi del journey, dalla selezione del candidato fino al suo leaving passando per quelle centrali dello sviluppo della sua esperienza lavorativa in azienda. Due i principali obiettivi: individuare per ciascun momento del journey i punti deboli o critici per condividere questi insight con tutta l'organizzazione e poter così intervenire per aumentare la soddisfazione dei vari team; dall’altro raccogliere anche suggerimenti che non solo aumenteranno il senso di appartenenza dei dipendenti, ma potranno anche dare vita a miglioramenti o efficienze.
Parliamo quindi un approccio programmatico always-on, che raccolga e analizzi i segnali dal basso, dando a tutti i dipartimenti la possibilità di ricevere dashboard di sintesi e insight e all’insegna nel suo complesso di poter disporre una visione sempre attiva e costante del percepito del dipendente, in qualsiasi momento. Per tenere il passo con il cambiamento del comportamento, delle preferenze, dell'impegno e delle esperienze dei dipendenti, soddisfacendo anche le esperienze dei clienti in evoluzione, le insegne leader da tempo non si affidano infatti più a sondaggi annuali o semestrali. Piuttosto preferiscono acquisire un punto di vista continuativo e oggettivo, grazie a soluzioni tecnologiche di facile implementazione, sviluppate per supportare i retailer a fare tesoro della voce dei collaboratori. Una di queste è Medallia Employee Experience Cloud grazie alla quale aziende di settori diversi sono riusciti a ottimizzare l'esperienza del dipendente end-to-end, ma soprattutto a intraprendere le giuste azioni per motivare, ispirare e responsabilizzare i propri collaboratori.
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